Lira 23 dicembre 2010

Carissimi,

chissà perchè, pensando al Natale ormai imminente, invece di fissarsi sul centro e il cuore del mistero che stiamo per celebrare − la nascita nella carne del Figlio di Dio fatto nostro fratello per salvarci − la mia mente continua a mettere a fuoco un dettaglio del vangelo che è senz’altro secondario, ma che fa sorgere in me varie riflessioni. Le condivido con voi. Sarà il mio modo di farvi gli auguri, quest’anno, sperando che possa aiutarvi a vivere meglio ed in pienezza il Natale che stiamo per celebrare e l’inizio del Nuovo Anno che il buon Dio si appresta a regalarci.

“Dov’è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per adorarlo”(Matteo 2,2). La citazione si riferisce non al momento della nascita di Gesù, bensì all’arrivo in Gerusalemme dei Magi, che lo stanno cercando. Ma mi colpisce come una domanda molto attuale, che si adatta perfettamente alla situazione di oggi, in Uganda, in Italia e in tutto il mondo. Gesù è nato in un contesto sociale e politico in cui l’annuncio della sua venuta risuona come minaccia per il re del momento. Erode tenta infatti di sopprimerlo, e per farlo non esiterà a ricorrere alla violenza, la“strage degli innocenti”. Mi domando: oggi in Uganda, dov’è, e in quale contesto sociale e politico viene a nascere il Signore Gesù?

Natale fa spontaneamente pensare ai bambini. Qualche giorno fa, un rapporto ufficiale del governo ammetteva che nel Nord Uganda la maggioranza dei bambini è malnutrita. In effetti, nel 2009 in tutto il paese ben 16.000 persone sono morte per malnutrizione, la maggioranza bambini nati sotto peso. Senza contare l’alta mortalità infantile: 137 bambini su 1000 muoiono prima di raggiungere i cinque anni… Per questa nuova “strage degli innocenti”non occorre neppure un Erode. Bastano la mancanza di mezzi e le gravi lacune in campo sociale e sanitario. è qui, è questo il Natale oggi?

Purtroppo, in questo momento, più che la preoccupazione autentica per il bene di tutti, specialmente dei più deboli e poveri, nel paese sembrano prevalere la passione e l’interesse politico. Da qualche mese ormai la vita della nazione è condizionata sempre più pesantemente dalla prospettiva delle elezioni con cui il 18 Febbraio 2011 verranno scelti il presidente dell’Uganda, circa 500 membri del parlamento e tutta una serie di altri candidati a cariche politiche ed amministrative ai vari livelli (distretti, municipi, ecc.). Un esercizio democratico cui hanno diritto di partecipare circa 14 milioni di ugandesi e per il quale non mancano certo i candidati: 8, fra cui una donna, per la carica di presidente della repubblica, e ben 1734 per il parlamento . Purtroppo, il modo e l’atmosfera in cui il processo elettorale si sta svolgendo sono fortemente marcati da divisioni e lotte interne ai partiti, intimidazione e demonizzazione degli avversari, considerati come nemici da combattere in qualsiasi modo e con qualunque mezzo. A meno di due mesi dalle elezioni, i risultati di un sondaggio − peraltro giudicato addomesticato dall’opposizione − assegnano al candidato Museveni ( l’attuale capo dello Stato che ha conquistato il potere 24 anni fa, nel 1986), una percentuale di voti del 66%, contro il 12% del suo immediato concorrente Besigye, mentre altri due candidati si fermano al 3%, e l’unica donna raccoglie l’1% dei suffragi. Per gli altri tre, niente: 0%! Qualcuno pensa perfino che le elezioni siano praticamente inutili…

è un fatto che in passato le elezioni in Uganda sono state accompagnate da episodi di violenza, brogli e divisioni di tipo politico, religioso e tribale. Oggi, ci sono segni premonitorri che sembrano puntare nella stessa direzione. L’esperienza di tanti anni di violenza durante la ribellione dello LRA ha lasciato il segno e non aiuta certo a rasserenare l’atmosfera. La violenza domestica, perpetrata in casa, all’interno della famiglia, nei confronti dei figli o del coniuge è un fenomeno assai diffuso. Si calcola che il 60% delle donne nel paese abbia subito qualche forma di violenza fisica, sessuale o psicologica. L’insofferenza per i ritardi nell’ammiinistrazione della giustizia o per la corruzione delle forze dell’ordine che dovrebbero assicurarla, conducono la gente all’esasperazione, che sfocia talvolta in episodi di “giustizia di massa”. Ho ancora negli occhi la scena in cui mi sono imbattuto tre domeniche fa, mentre andavo a celebrare nella missione di Alito: un uomo steso sul ciglio della strada, ammazzato a calci e bastonate per aver cercato di rubare alcune capre. Intorno al cadavere ancora caldo, un folto gruppo di uomini e donne, molti giovani e ragazzi, che probabilmente poco dopo sarebbero andati a messa. Tutti con l’aria tranquilla e soddisfatta… perchè “giustizia era stata fatta”!

Di fronte a questa situazione, la Chiesa cattolica ha lanciato durante il tempo dell’avvento una campagna di preghiera e sensibilizzazione contro la violenza domestica, invitando tutti a fare si che“la pace di Cristo regni”nel cuore di ognuno, cominciando dalla casa e famiglia dei cristiani. In quanto vescovi e guide del popolo di Dio in Uganda poi, la prospettiva delle prossime elezioni ci ha spinto già lo scorso giugno a scrivere una lettera pastorale che presenta una visione cristiana della politica e indica i criteri per una scelta responsabile di leaders che siano veramente a servizio del popolo, specialmente dei poveri e degli ultimi. Finalmente, alcune settimane fa, assieme ai responsabili nazionali delle varie religioni presenti nel paese (Cattolici, Ortodossi, Protestanti di varie denominazioni, Musulmani, ecc.) riuniti nel Consiglio Interreligioso di Uganda, abbiamo istituito e lanciato una “Task Force”, cioè una “unità operativa” nazionale composta da membri delle varie fedi e confessioni religiose per contribuire – anche attraverso la scelta di “consigli degli anziani” incaricati di mediare fra le parti – ad assicurare che le prossime elezioni siano davvero libere, democratiche e trasparenti, e che tutto il processo elettorale (la campagna, le votazioni e il periodo seguente) sia libero da ogni forma di violenza. Oltre a quella nazionale, abbiamo creato anche delle Unità operative o d’intervento a livello regionale. Sono stato così eletto a far parte della task force per tutta la regione Lango, una zona in cui sono stati identificati vari“punti caldi”, dove la competizione elettorale puo’ facilmente degenerare in violenza.

Eccomi allora al vero motivo di questa lunga chiacchierata, che qualcuno potrà forse trovare troppo“politica”e stonata in una lettera di Natale. Vi chiedo di pregare perchè quest’anno in Uganda − e soprattutto fra la gente Lango che mi è stata affidata − il Signore Gesù venga e nasca proprio in quelle situazioni di tensione e conflitto che senza di Lui generano solo violenza e divisione. Che trovi posto nel cuore dei candidati e degli elettori, in ogni casa e famiglia, sconfiggendo sul nascere ogni seme di violenza, e facendo crescere la pace che Egli ha voluto portare in dono a tutti gli uomini di buona volontà. Perchè a vincere non siano i piccoli o grandi “Erode” di turno, avidi di potere e di benessere, che non si fermano di fronte a nulla, neanche alla violenza e alla strage, pur di assicurarsi il proprio tornaconto, a scapito dei diritti e bisogni degli altri. Perchè in Uganda − ma anche in Italia e nel mondo intero − nascano e crescano uomini nuovi, capaci di assumersi le proprie responsabilità anche in campo politico, non per dominare gli altri ed avvantaggiare il proprio gruppo, tribù o partito, ma per servire tutti, specialmente gli ultimi, i poveri, gli indifesi. E soprattutto perchè a fare questo, ad offrire uno spazio di pace e di amore al Signore che viene, siamo innanzitutto noi, io e ciascuno di voi, ognuna delle nostre famiglie. Buon Natale, allora, e Felice Anno Nuovo!
Vostro,
P. Giuseppe

PS. Fra non molto, se tutto va bene, nascerà una ONLUS a sostegno della missione, della gente e diocesi di Lira. Vi spiegherò tutto in una prossima lettera. Intanto, pregate! E ancora Auguri!

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